Avrai sicuramente sentito parlare dell’uscita della terza parte della serie Netflix La casa di Carta. Un lancio molto atteso, dopo il clamoroso successo internazionale ottenuto dalle prime due stagioni. Devo ammetterlo: anch’io ero impaziente di rivedere la famosa banda all’azione. E quindi mi sono chiesto: cos’è che ha reso questo telefilm spagnolo un fenomeno di costume? Cosa ha contribuito a sdoganare nell’immaginario collettivo le celebri tute rosse e le maschere di Dalì come simbolo del più grande colpo del secolo e della “Resistenza”?
Un cenno alla trama e una panoramica sui personaggi
I personaggi de La Casa di Carta hanno tutti nomi di città: Berlino, Tokyo, Rio, Nairobi, Oslo, Helsinki, Mosca, Denver e le new entry, nella terza parte, di Palermo, Marsiglia, Lisbona, Stoccolma e Bogotà. La mente del gruppo è il Professore, tanto geniale quanto a volte impreparato sulla vita, che elabora un piano perfetto (o quasi): assaltare la Zecca di Stato, a Madrid, e stampare milioni e milioni di euro, senza che nessuno si faccia male.
Un furto? Forse, ma con un dettaglio: non hanno rubato davvero, hanno solo deciso di sfidare il sistema. Un sistema che spesso si rivela impreparato, impacciato, incapace di gestire un gruppo di persone che non hanno niente da perdere. Ognuno di loro ha infatti un talento o un compito, ma anche un passato da cui fuggire o un presente da cambiare, ed è alla ricerca dell’opportunità della vita, quella a cui molti di noi aspirano: ricominciare. Altrove, con le proprie regole, senza doversi più preoccupare di come sbarcare il lunario.
Il loro ritorno, nella terza parte, è legato alla responsabilità di essere e comportarsi come una famiglia. Dopo aver vissuto un’esperienza del genere, lottando per un sogno tra mille difficoltà ed emozioni, il legame che si crea diventa profondo. E quando Rio, tempo dopo la fuga, viene catturato nel silenzio delle istituzioni, ciò che spinge di nuovo la banda a riunirsi è una questione di dovere, impegno, giustizia. Puntando ancora più in alto, a “fare ancora più rumore” (ma non vorrei fare spoiler!)
Questo è il primo punto di forza che trovo nella serie: la possibilità di immedesimarsi. I rapinatori, partiti come “i cattivi” contro lo stato, riescono a diventare invece quasi degli “eroi”. E non solo per le bassezze che emergono da parte delle autorità, ma anche per le loro storie personali, per le dinamiche psicologiche che si instaurano nel corso delle puntate.
Il Professore è estremamente intelligente, praticamente un genio; riesce a manipolare le situazioni a proprio vantaggio, ma nasconde un animo gentile e a tratti fragile. Il colpo da lui stesso elaborato sotto ogni minimo dettaglio non ha difetti, se non uno: i sentimenti, con cui dovrà fare i conti. Non solo per i componenti della sua banda, ma soprattutto a causa dell’ispettore Raquel Murillo, a cui viene affidata la negoziazione con i rapinatori: una donna forte con una situazione familiare molto complicata, che come lui nasconde debolezze e insicurezze.
Tokyo, voce narrante della serie e “testa calda” della banda, rispecchia il classico prototipo della ragazza “bella e volubile”, testarda e dalle passioni sfrenate, ma anche con sangue freddo quando serve. Un personaggio che si odia o si ama, senza vie di mezzo.
È lei a conquistare Rio, grande esperto di informatica, più immaturo in fatto di sentimenti, impulsivo e capace di suscitare, allo stesso tempo, tenerezza ma anche un pizzico di rabbia per la sua ingenuità.
Nairobi è l’altra donna di una banda quasi tutta al maschile: abituata ad arrangiarsi nella vita per tirare avanti, è una femminista convinta con un pungente senso dell’umorismo. Ma anche una persona leale, di cui ci si può fidare: la classica amica che chiameresti nel caso dovessi far sparire un cadavere, per intenderci…
L’altro protagonista della serie, Denver, soffre del suo essere considerato poco intelligente e scaltro: entra in questa avventura con il padre, ma ne esce con una nuova consapevolezza. Ossia quella di poter essere davvero importante e apprezzato, lasciando che certe idee su di sé (quelle che io definisco “Sirene” nel mio libro) non abbiano più presa su di lui.
E poi c’è Berlino. Intelligente, audace, autoritario, vanitoso, a tratti crudele. Colui a cui è stato affidato il compito di essere il capo all’interno della banda. Un carattere probabilmente forgiato dalla vita e dalle sue imprevedibili fatalità: durante la serie si farà sempre più chiaro il perché di alcuni suoi comportamenti e delle sue scelte. C’è un motivo per il suo cinismo, per la sua spinta verso la realizzazione di pazze ambizioni: custodisce un segreto che fa emergere il suo lato più oscuro, ma gli dà anche la forza di prendere decisioni scomode. Nella terza parte, a ricordarlo (e non poco) ci sarà Palermo… Anche in questo voglio astenermi dallo spoileraggio!
Mosca è il padre di Denver, ma anche un po’ di tutti i ragazzi della banda. Un uomo solo, vedovo, che ha deciso di fare qualsiasi cosa per suo figlio. E non si può non empatizzare con lui già solo partendo da questa sua motivazione.
Oslo e Helsinki, i più silenziosi, addestrati e duri, sembrano due orsi buoni, di quelli che incutono timore all’inizio per la loro stazza. Ma soprattutto per Helsinki, questo aspetto fisico imponente si rivelerà una corazza per per proteggere un’indole ben diversa.
Le dinamiche psicologiche alla base del successo
Oltre a personaggi ben delineati e “riconoscibili”, la trama racchiude moltissime sorprese: ed è questo un’altra caratteristica che, a mio parere, ne ha decretato il successo. Tra momenti di tensione, flashback e attimi di calma apparente, descrive alla perfezione i meccanismi e le dinamiche psicologiche che possono instaurarsi tra persone costrette a convivere in spazi ristretti. Le diverse personalità, e non solo dei rapinatori ma anche degli ostaggi, vengono alle luce, rivelando lati del carattere mai sperimentati prima. Tutto è costantemente messo in discussione.
Tra scene indimenticabili, con una colonna sonora che noi tutti conosciamo – Bella ciao, canzone simbolo ribellione e della resistenza – equilibri precari e suspence, La Casa di Carta riesce a colpire nel segno. Rimane impressa nella mente, regalandoti per un attimo il pensiero che molti obiettivi possono essere raggiunti e tanti limiti superati. Non quelli imposti dalla legge, ovviamente, ma strettamente personali e privati e… mentali.
La Casa di Carta puoi viverla, sentirla, non sapendo mai quando arriverà il punto. Quello che rappresenterà un nuovo inizio per i protagonisti, oppure la loro fine.
“Noi non ruberemo i soldi di nessuno. Diventeremo gli eroi di queste persone”- Il Professore.
[Foto tratta dalla pagina Facebook ufficiale della serie Netflix ‘La Casa di Carta’]